L’AI funziona da sola? Come introdurre l’AI in Azienda

AI senza strategia non funziona: non è una bacchetta magica

In questo articolo, voglio riflettere con voi sul ruolo dell’Intelligenza Artificiale (AI) nei progetti delle aziende. 

A volte ci si entusiasma talmente tanto di fronte alle novità tech da dimenticare che, senza una strategia solida a sostegno, anche la tecnologia più avanzata rischia di farci restare al palo.

Scrivo queste righe dopo aver letto una serie di ricerche online, realizzate tra il 2023 e il 2024, da cui emerge che la semplice adozione di sistemi di AI non porta automaticamente a una rivoluzione positiva per le aziende. 

Tra i dati statistici più interessanti che ho trovato, ce ne sono alcuni che mostrano, infatti, che la maggior parte delle aziende italiane (oltre il 60%) dichiara di voler investire in Intelligenza Artificiale, ma al tempo stesso una quota significativa – vicina al 40% – ammette di non disporre ancora di un piano strutturato per la trasformazione digitale

Questa dicotomia riflette un problema diffuso: si vuole abbracciare il nuovo trend dell’AI, ma spesso lo si fa come se magicamente le cose potessero cambiare da sole: senza impegnarsi per integrarla concretamente all’interno dei processi operativi o di marketing. E così ci si ritrova con sperimentazioni in potenza interessanti, che però non si trasformano in un reale vantaggio competitivo

Alla luce di questi dati, che parlano chiaro sull’effettiva mancanza di un impegno delle aziende per formulare strategie solide, è fondamentale iniziare a vedere l’AI non solo come un gadget trendy o una bacchetta magica, bensì come uno strumento al servizio di obiettivi aziendali che devono essere ben definiti. 

Del resto, l’innovazione digitale non è (e non è mai stata) “plug and play”: richiede analisi, formazione interna, riorganizzazione dei processi e il coraggio di rivedere alcune scelte manageriali. È un percorso che va pianificato, magari a piccoli passi, con la consapevolezza di dove si vuole arrivare e di quali risultati si desidera ottenere a breve, medio e lungo termine

In questo senso, la SEO stessa mi ha insegnato che la tecnologia da sola non basta se non c’è dietro uno studio approfondito delle parole chiave, dei competitor, delle intenzioni di ricerca del pubblico di destinazione. Allo stesso modo, l’AI può fare miracoli soltanto quando si basa su dati di qualità e su una visione di crescita sostenibile. Ecco perché mi rivolgo alle aziende con un avvertimento amichevole ma deciso

“Attenzione! L’AI non serve senza strategia.” 

Se vogliamo che l’innovazione si trasformi in opportunità, dobbiamo prima di tutto costruire un piano d’azione concreto e orientato ai risultati.

SEO e Digital Marketing: dare uno scopo a ogni attività

Prima di addentrarci nel mio campo, sottolineo un aspetto centrale emerso dai dati statistici condivisi: molte aziende, pur dichiarando di voler investire nell’AI o nella trasformazione digitale, faticano a definire piani chiari e obiettivi concreti

Questo “vuoto strategico” può compromettere l’efficacia di nuove tecnologie come l’AI e anche il potenziale delle attività di marketing e ottimizzazione online. 

Ecco perché è fondamentale, prima di tutto, avere una visione precisa del “perché” si scelgono determinate azioni: una logica che si applica perfettamente anche a tutto l’ecosistema SEO e Digital Marketing.

Lo scopo di un progetto online 

Cito ancora il libro “Google Liquido” di Giorgio Taverniti (Hoepli) – davvero illuminante -, che sottolinea quanto sia chiave definire con estrema chiarezza lo scopo di una pagina web. Questo concetto può (e deve) essere esteso a tutto ciò che proponiamo ai nostri clienti: prima di pianificare qualsiasi iniziativa – che sia la creazione di un nuovo sito o l’ottimizzazione di uno esistente – dobbiamo chiederci il “perché” la stiamo mettendo in atto.
Se proponiamo la realizzazione di un sito, lo facciamo perché il cliente abbia uno “spazio proprietario” dove raccontare la sua identità, i suoi valori e i suoi servizi. Quando consigliamo la SEO, non stiamo facendo solo una scelta tecnica: vogliamo che il sito acquisisca autorevolezza sul mercato, superi i competitor e sia trovato dagli utenti giusti nel momento in cui cercano soluzioni specifiche.

Una strategia integrata per crescere

Allo stesso modo, quando studiamo un percorso di content strategy, l’obiettivo è fornire risposte utili a chi naviga sul web: più visibilità e più valore per l’utente, unito a risultati tangibili per il cliente. E se includiamo la Local SEO, significa che vogliamo rafforzare la presenza territoriale del brand, affinché diventi il punto di riferimento per le persone che abitano o operano in quella zona.
Oltre al sito e alle attività SEO, il “perché” di social media e campagne ADS è chiaro: amplificare la nostra strategia di posizionamento raggiungendo il pubblico anche su altre piattaforme e canali. 

Ogni proposta – dal sito alla SEO, dalla Local SEO fino a Facebook Ads o Google Ads – deve avere uno scopo preciso, che si integri perfettamente in una visione strategica più ampia. Solo così l’AI, l’innovazione o qualsiasi altra leva digitale potrà generare risultati reali e duraturi, anziché diventare l’ennesima moda priva di sostanza.

Lo scenario attuale: quando manca una strategia ben definita

Sebbene l’Intelligenza Artificiale sia sulla bocca di tutti, spesso ci troviamo davanti a progetti sviluppati senza una vera direzione strategica. Il risultato? Siti web complessi e poco usabili, SEO inserita a posteriori con “pezze” per rimediare a errori di progettazione, e contenuti creati dall’AI ma privi di un valore reale per l’utente finale. Tutto questo nasce dalla convinzione che l’AI possa “mettere una toppa su tutto” a costo zero. Ma è davvero così? Vediamolo più da vicino.

Quando la forma prevale sui contenuti

In molti casi, la creazione di un nuovo sito passa in secondo piano rispetto all’estetica o alla scelta di tecnologie avanzate:

  • Siti pesanti in JavaScript e con un design accattivante, ma che si caricano lentamente e non contengono testi informativi, lasciando gli utenti (e i motori di ricerca) disorientati.
  • SEO relegata alla fine del processo, con interventi limitati perché “il sito non si può più toccare” senza sconvolgere il layout. Il risultato è una visibilità ridotta e la necessità di continue correzioni last minute.
  • Local SEO inesistente: molte attività locali non sfruttano le potenzialità di Google Business Profile (in passato chiamata Google My Business) o non ottimizzano i propri contenuti in base alla geolocalizzazione, perdendo opportunità di contatto con il pubblico più vicino.

L’illusione dell’AI come bacchetta magica

Si assiste anche a un uso superficiale dell’AI:

  • Content strategy improvvisata: testi generati dall’AI da persone che non hanno competenze di copywriting o strategia, con risultati spesso generici e ripetitivi.
  • Post riempiti di frasi fatte: articoli pubblicati con titoli urlati e conclusioni d’effetto, ma con poco contenuto utile, né per l’utente né per il motore di ricerca.

È vero, l’AI offre grandi vantaggi in termini di velocità e quantità di produzione, ma ciò non significa che possa sostituire del tutto la visione strategica e la qualità redazionale di un team di professionisti. Senza un piano chiaro, il rischio è di creare contenuti “vuoti” e poco efficaci, credendo che l’AI “aggiusti tutto”. Come spesso accade, la verità è un po’ più complessa: l’AI è un ottimo strumento, solo se inserito in un percorso di crescita ben strutturato e coordinato.

Introdurre l’AI in azienda

Il dibattito sull’adozione dell’Intelligenza Artificiale rischia di restare superficiale se non si considera un aspetto fondamentale: la gestione della conoscenza (knowledge management). Non basta semplicemente “accendere” un modello di AI e sperare che produca contenuti perfetti e risposte impeccabili: bisogna preparare il terreno, sia sul versante tecnico (prompt engineering), sia su quello organizzativo (costruzione e riorganizzazione della knowledge base aziendale).

Prompt engineering: allenare la creatività dell’AI

Un primo fronte di intervento consiste nel calibrare “quanto” e “come” l’AI possa generare risposte differenti. Attraverso il prompt engineering, si definiscono le linee guida che l’Intelligenza Artificiale deve seguire, mitigando così il rischio di ottenere output troppo variabili o non coerenti. ChatGPT, per esempio, offre numerose opzioni per affinare il controllo dei risultati, consentendo di regolare la “creatività” con maggiore precisione rispetto ad altre soluzioni AI meno sofisticate.

  • Obiettivo: ottenere testi generati in modo coerente con il tone of voice aziendale e con le linee guida strategiche, senza rinunciare alla componente creativa che rende le risposte “umane” e interessanti.

Knowledge base: dare all’AI contenuti di qualità

Il secondo aspetto è la preparazione di una knowledge base aziendale ben strutturata. Le AI generative lavorano in modo molto più efficace e preciso se hanno accesso a informazioni organizzate e verificate.

Un esempio di metodologia prevede un processo di knowledge management che:

  1. Atomizza e riorganizza le informazioni (FAQ, prontuari, procedure, cataloghi, ecc.), trasformando i contenuti in “pacchetti” coerenti e ben definiti.
  2. Estrae il sapere informale dei subject matter expert, seguendo la matrice SECI (Socializzazione, Esternalizzazione, Combinazione, Interiorizzazione), per poi integrarlo con il patrimonio informativo più “strutturato”.
  3. Riscrive e valida i contenuti, così da renderli pronti all’uso per strumenti AI, CRM o motori di ricerca interni come Salesforce, Coveo e IBM.

In questo modo, l’AI potrà “attingere” a fonti affidabili, fornendo risposte precise al cliente o all’operatore di Customer Care. Il beneficio non si limita alla qualità dell’output dell’AI: un simile lavoro di riorganizzazione del sapere interno migliora i processi aziendali, rende più agevole il flusso di lavoro e contribuisce positivamente al clima operativo, riducendo errori, frustrazione e difficoltà nel reperire informazioni.

Il risultato?

  • Risposte più aderenti alle esigenze del cliente.
  • Miglioramento di KPI legati alla soddisfazione del cliente e alla produttività del team.
  • Scelta più consapevole degli strumenti tecnologici, selezionati in base alle reali necessità e compatibilità con la knowledge base aziendale.

Come si intuisce, l’AI non è mai un “tappabuchi” da adottare improvvisando, bensì il tassello di un puzzle più ampio: una strategia di gestione del sapere che richiede competenze, organizzazione e un approccio metodologico preciso. Senza questi elementi, anche la migliore tecnologia fatica a offrire valore tangibile.

Quando un’azienda dovrebbe affidarsi a un’agenzia o a un team di professionisti

Capita spesso che, dopo aver tentato di “arrangiarsi” internamente, un’azienda si renda conto di non aver ottenuto i risultati desiderati dal proprio progetto digitale. In questi casi, rivolgersi a un team specializzato può fare la differenza. Gestisco personalmente il Team di Prima la SEO, e so bene quante aziende abbiano bisogno di un supporto strutturato per emergere online senza sprechi di tempo e risorse. Ecco due situazioni tipiche in cui vale davvero la pena considerare la collaborazione con un’agenzia o un gruppo di professionisti dedicati.

1. Quando serve una strategia unificata e su misura

Avere un sito accattivante non basta se manca una visione d’insieme sulle attività di marketing, SEO, local SEO e content strategy. Un’agenzia esperta può:

  • Analizzare in profondità il mercato, i competitor e le possibilità di posizionamento.
  • Creare un piano d’azione coordinato, in cui ogni singola parte (dalla scelta dei canali pubblicitari alla definizione dei contenuti) contribuisca a raggiungere obiettivi specifici.
  • Monitorare costantemente l’andamento delle campagne, correggendo il tiro quando necessario e mantenendo la rotta verso i KPI concordati.

2. Quando manca il tempo (e la competenza) per gestire tutto in house

Non tutte le aziende hanno a disposizione un reparto marketing interno sufficientemente ampio o preparato per coprire ogni aspetto del digital marketing. In questi casi:

  • Il team di professionisti (come quello di Prima la SEO) lavora in sinergia con i referenti interni, sgravando l’azienda da attività operative e specialistiche.
  • La formazione degli addetti interni può essere delegata agli esperti, affinché il personale acquisisca gradualmente competenze più avanzate e contribuisca attivamente a migliorare i risultati.
  • L’aggiornamento continuo sulle novità di Google, delle piattaforme social e degli strumenti AI diventa più semplice, grazie alla presenza di professionisti sempre sul pezzo.

Appoggiarsi a un’agenzia o a un team strutturato vuol dire investire in un approccio consapevole e orientato al risultato, evitando di frammentare le risorse in tante piccole iniziative scollegate tra loro. E soprattutto, significa poter contare su consulenti che hanno già testato sul campo strategie vincenti e sanno come portare un progetto digitale verso il successo.

Takeaway dell’articolo

  • L’AI è un acceleratore, non un sostituto della strategia
    Senza una visione chiara e obiettivi misurabili, l’adozione di tecnologie avanzate rischia di tradursi in semplici sperimentazioni poco efficaci.
  • Il “perché” delle iniziative digitali fa la differenza
    Prima di avviare qualsiasi progetto – sito, SEO, content o altro – è fondamentale chiarire lo scopo e i risultati attesi per evitare investimenti dispersivi.
  • La gestione della conoscenza è il pilastro portante
    Un’AI ben addestrata si basa sempre su una knowledge base strutturata e validata, frutto di un processo di riorganizzazione e “atomizzazione” dei contenuti aziendali.
  • L’AI non è una bacchetta magica
    Per ottenere contenuti di qualità e risposte puntuali, serve un prompt engineering accurato e un team che sappia interpretare i risultati dell’AI e calarli nella realtà operativa.
  • Un team specializzato moltiplica il tuo potenziale
    Collaborare con professionisti (interni o esterni) aiuta le aziende a integrare le diverse leve del digital marketing, ottimizzare il tempo e le risorse e seguire una strategia davvero unitaria.

L’AI: una spinta decisiva, non un trucco magico

Se non si possiedono le competenze necessarie per comprendere il posizionamento raggiunto, monitorare l’andamento di un sito o valutare l’impatto delle attività di marketing, l’AI – per quanto avanzata – può fare ben poco. 

Come abbiamo visto, l’Intelligenza Artificiale dà risultati concreti solo se inserita in un ecosistema strategico ben definito, in cui ogni leva è allineata a obiettivi chiari. 

È per questo che ribadisco: l’AI non è una bacchetta magica, ma uno strumento potente che, se usato correttamente e con il giusto supporto professionale, può davvero accelerare la crescita di un’azienda. 

Sei d’accordo? Dimmi il tuo punto di vista nei commenti e contattami se pensi che possa fare qualcosa per la tua azienda.